Cure Palliative Pediatriche: Voa Voa alla Camera

- Guido De Barros

E’ stato motivo di grande soddisfazione la chiamata romana a rappresentare i pazienti nell’ambito delle audizioni per l’indagine conoscitiva sull’attuazione della legge 38/2010 in materia di accesso alle Cure Palliative Pediatriche e Terapia del Dolore, con particolare riferimento all’ambito pediatrico.
Per Voa Voa! Onlus questa convocazione rappresenta un incoraggiamento a continuare a coltivare posizioni coerenti e chiare rispetto a tematiche socio-sanitarie tanto urgenti quanto delicate, generalmente poco rappresentate dalla politica, a scapito delle nostre famiglie e bambini speciali.

Il tema delle Cure Palliative Pediatriche rientra fra le questioni socio sanitarie più neglette nel nostro paese, in cui per anni si è perpetrato consapevolmente da parte delle istituzioni, il fraintendimento stesso del concetto di Cure Palliative Pediatriche, troppo spesso confuse con la Terapia del Dolore, a cui sono abbinate nella legge nazionale che disciplina la materia, ovvero la 38/2010.

Quando le terapie eziologiche non rispondono, lenire il dolore quale sintomo di una patologia inguaribie in fase terminale è un atto di civiltà e compassione, che però non è sufficiente a trattare il “Dolore Totale”, ossia una pluralità di condizioni che vanno ben oltre alla sedazione del dolore fisico.
Il Dolore Totale è stato per la prima volta teorizzato da Cicely Saunders, infermiera, assistente sociale e medico inglese, ideatrice delle moderne Cure Palliative e fondatrice del primo Hospice al mondo (1967) dedicato al malato oncologico.
Secondo la Dr.ssa Saunders il Dolore Totale corrisponde ad una condizione precisa, particola e complessa riassunta con le seguenti parole:

” Gli effetti dell’insieme della sofferenza fisica, psichica, emotiva, sociale, culturale e spirituale. Rappresenta lo schema concettuale della condizione riferita alla multidimensionalità dei bisogni e dei problemi che affliggono un malato in fase avanzata di malattia.”

In ambito pediatrico, limitarsi a lenire il dolore fisico nella fase terminale della patologia significa appiattire la dimensione multidisciplinare delle Cure Palliative, negando al piccolo malato ed alla sua famiglia una presa in carico sanitaria, sociale, spirituale e psicologica come invece viene auspicato dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) che nel documento condiviso dai governi di tutto il mondo, fra cui anche il nostro paese, (Cancer pain relief and palliative care in children. Geneva: World Health Organization; 1998.), definisce le Cure Palliative Pediatriche come:

“L’attiva presa in carico totale del corpo, della mente e dello spirito del bambino e della sua famiglia. Richiedono un approccio globale (multiprofessionale e specialistico) in grado di alleviare le sofferenze fisiche, psicologiche e sociali del bambino, includendo sia i famigliari, che le risorse presenti nella comunità.”

Esse iniziano al momento della diagnosi di inguaribilità, non escludono la terapia curativa, e richiedono interventi multi/interdisciplinari. Il domicilio costituisce la sede ottimale di cura, eventualmente integrato dall’hospice pediatrico.
I princìpi delle cure palliative pediatriche sono:

  • migliorare la qualità di vita residua del bambino e della sua famiglia;
  • coinvolgere il bambino e la famiglia nell’individuazione dei bisogni;
  • fornire tutte le risorse mediche, psicologiche, di sostegno, cognitive, ricreative, educative e didattiche possibili;
  • garantire figure professionali diverse e complementari con specifica formazione ed operanti in regime di continuità.

Esigono professionalità, dedizione, tempo e pazienza.
Da questa definizione si evincono importanti differenze fra le Cure Palliative rivolte all’adulto e al bambino.
Prima fra queste, va evidenziato con forza, che nel’ambito pediatrico, esse iniziano al momento della diagnosi di patologia inguaribile life limiting o threatning, ovvero all’inizio di un persorso che può durare anni prima della fase terminale di fine vita. Durante questo lasso di tempo in cui la patologia fa il suo corso, le Cure Palliative Pediatriche devono integrarsi e non escludere le terapie curative, allo scopo di migliorare la qualità della vita del bambino e dei suoi familiari.
La presa in carico delle Cure Palliative di un bambino e della sua famiglia alla diagnosi di patologia ad esito infausto, è un aspetto fondamentale per iniziare un percorso di accompagnamento consapevole, nel quale il genitorie deve essere formato alla patologia e preparato sia psicologicamente che spiritualmente ad affrontare il momento del distacco nei giorni precedenti la morte, con la massima serenità, onde evitare di cedere a decisioni avventate, spinte dalla paura e dal dolore che comportano il pericolo di ulteriori sofferenze per tutti, soprattutto per il bambino.

In Italia poche regioni hanno recepito il senso delle Cure Palliative Pediatriche, nonostante vi siano una nutrita letteratura normativa, tecnica ed etica sull’argomento che richiamano buone pratiche e linee guida internazionali.

Purtroppo i bambini inguaribili e le loro famiglie eleggibili alle Cure Palliative sono invisibili alle reti regionali fino a quando la patologia, giunta agli ultimi stadi, diventa terminale. Fra coloro che riescono ad accedere ad un Hospice, la stragrande maggioranza sono pazienti oncologici, noti ai reparti ospedalieri.

Per tutti gli altri casi, specie per le patologie rare, scarsamente istituzionalizzate in percorsi socio-sanitari strutturati, il piccolo paziente e la sua famiglia tenderanno ad accedere d’urgenza al Pronto Soccorso e vivere il momento dell’Addio in una fredda e asettica stanza del reparto di Terapia Intensiva.
Purtroppo o per fortuna un genitore, anche quello più determinato e attento, non sarà mai pronto a riconoscere quando giunge l’ultimo giorni di vita del proprio figlio. I Genitori sono programmati a far vivere i propri figli non ad accompagnarli alla morte. Così è stato con Sofia, arrivata il 30 dicembre del 2017 in ambulanza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Meyer, accompagnata da una mamma e da un babbo convinti che sarebbero riusciti ache quella volta a riportare a casa la loro principessa.
La mattina del 13 novembre ero stato in quello stesso ospedale, seduto intorno al tavolo con il direttore della rete regionale delle Cure Palliative Pediatriche ed il suo staff, per la presa in carico di Sofia da me richiesta la settima prima. Dopo aver fatto il punto della situazione il direttore mi disse queste testuali parole:

“Un bambino in carico alle Cure Palliative, che muore dopo un accesso d’urgenza al pronto soccorso rappresenta il fallimento dell’intero sistema,”

Purtroppo così è stato….

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