Giocare, colorare, o semplicemente alzare una manina. Gesti semplici e quotidiani, che però, per molti bambini Speciali, di pari passo al progressivo decorso delle loro malattie rare, sono divenute manovre ignote e faticosissime, impossibili da eseguire da soli, se non con l’ausilio di mani esperte. Ed è a questo punto che entrano in gioco i fisioterapisti, chiamati a svolgere un ruolo non riabilitativo -trattandosi di patologie degenerative- ma essenziale per lo stato di salute e la qualità di vita dei piccoli pazienti. La mobilizzazione delle gambe influisce ad esempio positivamente sulla digestione del bambino, mentre i movimenti delle braccina, sulla delicata e fragile funzione respiratoria, solitamente compromessa anche da scoliosi grave. Per non parlare delle anche lussate, per cui la mobilizzazione è indispensabile per evitare ai piccoli, insopportabili dolori da indolenzimento. Per tutti questi bambini dunque, le cui malattie conducono alla disabilità motoria, alle alterazioni strutturali e funzionali a livello dell’unità motrice, alle problematiche a carico dell’apparato cardiorespiratorio, gli esercizi fisioterapici risultano essere, oltre che vitali, anche indispensabili nel sentire di nuovo ‘proprie’, parti del corpo che non reagiscono più.
Tuttavia, la realtà di molte famiglie con bimbi Speciali, è varia e in alcuni casi molto si discosta da quella che dovrebbe essere un’adeguata presa in carico da parte delle Asl del territorio – cui spetta la competenza del servizio – nel percorso di gestione sanitario pubblico della malattia. Col risultato che, per far fronte all’insufficienza della prestazione riabilitativa pubblica, sono tante le famiglie che si vedono costrette a rivolgersi a fisioterapisti privati. Una diversità di trattamento che sul territorio nazionale differisce da Regione a Regione, e su territorio locale persino da Asl ad Asl. Al punto che due bimbi che risiedono nella stessa Provincia, persino nella stessa città, ma in quartieri differenti, pur versando in condizioni di pari gravità, possono avere diritto, a seconda delle decisioni dell’Asl di competenza territoriale, a più o meno ore di fisioterapia.
Non sorprende dunque che, in questa paradossale disomogeneità di servizio, la piccola Federica affetta da Leucodistrofia Metacromatica, che abita in provincia di Napoli, faccia fisioterapia domiciliare 5 giorni su 7, con la stessa fisioterapista, che come spiega Mamma Luisa “le fa mobilizzazione, varie manovre respiratorie e in più la coccola un po’, che le fa bene più di tutto”; mentre a Sofia, stessa patologia, che abita a Firenze, è stata assegnata solo un’ora a settimana: “Assolutamente insufficiente, oltre ad essere più simile a una valutazione che a una ginnastica vera e propria” spiega Mamma Caterina.
“Sofia è seguita dalla neurofisiatra che ogni due o tre mesi, insieme alla fisioterapista, si reca a casa nostra per fare il punto della situazione. Purtroppo, ed è sempre stato così fin dall’inizio – aggiunge Mamma Caterina – viene valutata idonea ad un solo trattamento di un’ora scarsa a settimana. I motivi sono: il personale è poco ed è comunque inutile muoverla una volta in più o in meno; deve essere mossa tutti i giorni a più riprese e solo i genitori possono farlo. Non soddisfatti, ovviamente abbiamo interpellato nel corso degli anni alcuni terapisti privati. Nel frattempo io e Guido ci siamo fatti insegnare quali fossero le manovre corrette da eseguire, e la movimentiamo più spesso possibile durante la giornata”.
Anche se è affetto dalla stessa patologia di Sofia, la Leucodistrofia Metacromatica, per Natale, che abita a Rimini, la situazione è differente: “Quando ci sono stati i primi segnali della malattia – spiega Mamma Mina – Natale è stato preso in carico dalla nostra Asl e ha cominciato con un’ora di fisioterapia alla settimana. Ma già dopo la terza seduta si è completamente bloccato con gli arti inferiori, e siamo dovuti correre in ospedale a fare una risonanza d’urgenza. Al momento siamo riusciti ad ottenere tre sedute alla settimana di circa un’ora che comprendono anche la parte respiratoria, ma devo dire che lui gradisce molto la parte che interessa collo braccia e gambe”.
Per Papà Guido, ci sono molti nodi da sciogliere quando si parla di fisioterapia, specie quella respiratoria.
“Per esperienza in Toscana come altrove, la fisioterapia è una nota dolente che peggiora ulteriormente se parliamo di fisioterapia respiratoria, privilegio esclusivo delle patologie neuromuscolari (SLA, SMA ecc) oppure da deficit respiratorio congenito come la Fibrosi Cistica. Se è vero che queste patologie interessano più o meno precocemente l’apparato respiratorio è altrettanto vero che le patologie neurodegenerative, per le quali non è ufficialmente prevista una presa in carico del fisioterapista respiratorio, hanno come causa comune di esito infausto proprio il blocco e le complicazioni respiratorie.
Con la neurodegenerazione hanno luogo deficit e disfuzioni motorie che nel tempo si traducono in paralisi generalizzate. Privo di movimento, l’apparato muscolo-scheletrico viene colpito da osteoporosi cronica e sconvolto dall’ipertono o dall’ipotono, che causano una lenta ed inesorabile alterazione dell’equilibrio posturale, ovvero alla scoliosi, lordosi, rotoscoliosi ed altre deformazioni progressive che portano a lussazioni e altre complicazioni che nel tempo assumono entità importantissime, fino a causare gravi problematiche respiratorie. Gli effetti della neurodegenerazione oltre a colpire inizialmente l’apparato muscolo scheletrico come descritto, continuano progressivamente a distruggere il cervello causando nel tempo il rallentamento anche dei movimenti involontari, riducendo la frequenza degli atti respiratori e dei battiti cardiaci.
Ho provato più volte a cercare un fisioterapista pediatrico domiciliare, con competenze nel respiratorio sia per Sofia che per i progetti assistenziali di Voa Voa Onlus, ma mi sono scontrato contro un vero e proprio “muro di gomma”. Ho avvicinato associazioni di settore come la ARIR a cui ho proposto un progetto di collaborazione rimasto privo di risposta, oppure ho contattato telefonicamente singoli professionisti che, nell’imbarazzo della circostanza, si sono defilati in quanto non pediatrici.
L’unica forma di terapia respiratoria di Sofia è la macchina della tosse, e l’unico contatto umano con uno specialista della respirazione è lasciato al day hospital annuale presso il Meyer per il “monitoraggio” e la regolazione dell’apparecchio in presenza dello pneumologo. Mi rendo conto che l’argomento merita una riflessione approfondita, anche perché ho potuto costatare, grazie a Finestra su Casa Voa Voa che in altre regioni ciò che per noi (per Sofia e l’Associazione) è la ricerca del Santo Graal, è per altre famiglie un aspetto della quotidianità.”
L’Asl di riferimento di Asti ha invece assegnato alla piccola Matilde, affetta da variante sindrome di Rett, un paio di sedute al mese.
“In tutto 24 all’anno se va bene – spiega Mamma Irene – motoria o respiratoria, a seconda dalla necessità del momento. Ma ho sempre dovuto lottare per averle. In questo periodo però ci hanno concesso alcune sedute respiratorie in più, in previsione di un probabile intervento alla colonna. Ma dal momento che è cresciuta e per me è diventato molto faticoso sostenerla da sola, per non tenerla sempre seduta in carrozzina, pago un insegnante di ginnastica”.
Anche Mamma Valentina, che abita a Prato, per la piccola Aurora affetta da neurodegenerativa ignota, si è dovuta rivolgere a un professionista privato.
“Aurora ha fatto fioseterapia fino a 6 anni, poi stop. Dopo ha fatto psicomotricità per ottenere la quale abbiamo girato tutta l’Italia. Dopo molto tempo ho saputo da una fisioterapista che, avendo troppi bambini in carico, dopo i 6 anni di età solo quelli che iniziano a camminare hanno diritto al trattamento. Se mi avessero tirato una fucilata, avrei sentito meno dolore. Alla fine, neanche quest’anno Aurora farà fisioterapia nel pubblico, così ci siamo rivolti ad un fisioterapista privato, con cui fa tutto quello che va fatto”.
Per seguire i bambini con problemi speciali, oltre a un’adeguata preparazione, occorre una certa empatia con i piccoli pazienti.
“Da questo punto di vista Emanuel è molto fortunato – spiega Mamma Claudia -. Lui qui a Roma, per un’ora al giorno dal lunedì al sabato, è con due Angeli, Beatrice e Giulia, che hanno la meravigliosa capacità di alternare coccole e lavoro con una dolcezza indescrivibile e sempre con il sorriso sulle labbra. Emanuel lavora così in un clima sereno, sentendosi coccolato e supportato, amato e incoraggiato. Alterna carezze a neuropsicomotricità, coccole a esercizi visivi, abbracci a terapia respiratoria. Vi assicuro che grazie alle manovre di Bea e Giulia abbiamo scongiurato tante e tante di quelle volte il maledetto ‘ristagno’ che provoca i febbroni”.
Quanto sia importante la fisioterapia per questi bambini, lo sottolinea Mamma Caterina: “Sofia ha una rotoscoliosi avanzata, entrambe le anche lussate e le gambe ruotate all’interno, oltre ai piedini equini strutturati. In particolare, quest’ultimo difetto posturale, dipende direttamente dal fatto che per il primo anno e mezzo non ha ricevuto trattamenti fisioterpici adeguati. Allora risiedevamo a Castiglioncello e il fisioterapista dell’Asl del luogo, che veniva due volte a settimana, ci disse che la bambina si irritava durante il trattamento, quindi era meglio lasciarla stare. Anche al Meyer il primissimo consiglio post diagnosi fu di non stressare la bambina con troppe pretese. Al massimo potevamo portarla in reparto fisioterapia saltuariamente per un follow-up.
Se avessimo saputo subito quanto fosse stata importante la fisioterapia per un bambino completamente paralizzato, avremmo fatto quello che stiamo facendo ora, impegnandoci più possibile a movimentare la bambina durante il corso di tutta la giornata, cercando di convincerla dolcemente. I dolori da vizio posturali migliorano con un poco di fisioterapia. Spesso riusciamo a trasformare il momento degli esercizi in un’adorabile coccola che dura molto”.
Le ore di fisioterapia sono dunque una necessità essenziale per queste famiglie e i loro bambini. Un diritto che, in moltissimi casi, deve essere esteso a domicilio. Recarsi dal fisioterapista della propria Asl in macchina o in altri mezzi di trasporto – anche nel caso in cui, non essendo attaccati alle macchine, la condizione del bimbo lo consentirebbe – genera comunque in loro forti crisi e attacchi di panico.
Ne è prova la dolorosa esperienza vissuta da Mamma Chiara a Lucca per il suo piccolo Gabriele, affetto da sindrome assimilabile alla Klinefertel.
“Da quando aveva 9 mesi – racconta Mamma Chiara – ha fatto due sedute a settimana fino ai 18 mesi. Due viaggi a settimana, due calvari. Lele che si strozzava con i nodi d’aria, con la saliva, con l’acqua. Mentre io guidavo lui urlava, tossiva, vomitava, si strozzava, diventava cianotico. Lo dovevo cambiare nel traffico, fermarmi anche 20 minuti perché si riprendesse. Raccontavo tutto alla fisioterapia che però mi rispondeva: “I neonati fanno tutti così’. E infatti Lele è stato diagnosticato disfagico solo a novembre 2016. Mi feci accompagnare allora da mia mamma o da mia suocera, che stavano in macchina dietro con Lele seduto in braccio. Un disastro. Nessuno e dico Nessuno che ci abbia proposto la fisioterapia domiciliare. Io non sapevo che potessero venire a casa! Per Lele era fondamentale fare fisioterapia. Io ad ogni viaggio morivo un po’ alla volta: erano 10km di agonia, per cui mi occorreva un’ora e mezza all’andata e una e mezzo al ritorno. E poi, nei 30 minuti in cui era con la fisioterapista, appena lei lo manipolava, Lele vomitava, si staccava, diventava una statua di marmo. E per loro era tutto normale! Come se questo non bastasse, Lele è stato classificato un neonato ‘pigro’, diagnosi che tutt’oggi persiste. Alla fine mi sono ribellata e non l’ho più portato. Il reflusso ha impossibilitato qualsiasi tipo di fisioterapia, anche quella passiva con le tute neurologiche. Quindi, il miracolo che Lele cammini – ha iniziato a ben 48 mesi – dipende solo dal fatto che gli facevo fare io i percorsi in casa. In quattro anni non ci hanno proposto né una statica, né un mezzo tipo passeggino, né seduta posturale, niente!”.
Ecco allora che, come spesso capita a molte mamme, si arriva persino ad inventare giochi-esercizi in grado di tenere ‘viva’ la muscolatura dei loro bambini.
“Oggi mi concentrerò sulla mobilizzazione delle braccia che tendono a ruotare all’indentro – spiega Mamma Caterina – e delle manine perché si mantengano aperte e morbide, e non facciano la fine dei piedini. Giocheremo alle ‘ballerine’, ascoltando le musiche che Sofia ama e riconosce. Oppure giocheremo ‘a scuola’, immaginando che la Maestra faccia l’appello e che Sofia debba alzare le manina per rispondere al richiamo del suo nome”.
“Noemi dovrebbe fare terapia il più possibile – spiega Mamma Silvia da Firenze – ma ritenendoci in grado di poterla portare direttamente alla Asl in macchina, i fisioterapisti non hanno acconsentito alla fisioterapia domiciliare. Non capiscono che la sua patologia influisce sul sistema nervoso, e che pertanto non sono mai riuscita a portarla. Quindi faccio tutto da sola: piscina, camminare, cercare di giocare a palla. Per il momento mi arrangio così”.
“Anche io con Rossana ho fatto molti giochi-esercizi. E dal primo giorno di nascita al suo penultimo giorno ho tenuto un diario in cui ho annotato tutto. La fisioterapia è stata l’unico ambito in cui non abbiamo dovuto lottare – spiega Mamma Barbara –. Abbiamo incontrato il nostro primo Angelo ‘in carne ed ossa’, la fisioterapista Lucia dell’Asl, che ha subito preso a cuore Rossana diventando la nostra figura di riferimento. È stata il nostro Tutto fino all’incontro con Voa Voa!, che abbiamo conosciuto grazie a lei. Fino a che è stato possibile siamo andate all’Asl, poi è venuta a casa nostra, ed ha continuato a venire fino alla fine, anche solo per coccolarsela. Avevamo un’ora a settimana, aumentata a due su nostra richiesta consigliata dagli specialisti di Voa Voa!”.
“Per riuscire a farlo camminare – aggiunge Mamma Chiara – facevo giocare Lele su dei materassini e mattonelle piuttosto morbide, che nessuno mi aveva suggerito o prescritto. Gli avevo fatto un grande rettangolone morbido che prendeva metà camera. E lo tenevo lì con dei giochi attaccati alla finestra o alla sedia, da prendere. Oppure lo facevo passare da una sedia ad un’altra per mettere in fila i giocattoli. Tutte cose che mi suggeriva la fantasia. Ma se mi avessero dato almeno la statica per tenerlo dritto nelle crisi di reflusso, invece di dirmi “quando starà in piedi gli passerà il reflusso”, quante crisi si sarebbero evitate per Gabriele? Fatto sta che la fisioterapia gliela faccio io con dei giochi tipo percorso che lui dovrebbe fare, se non fosse ‘Oppositivo Passivo’, non ‘Pigro’ come lo hanno etichettato all’inizio. Lele ora cammina da solo, oggi fa dei piccoli salti, corre un pochino. Ha 8 anni e mezzo. La fisioterapia l’ho provata in tante forme, ma per lui non sono indicate. Ora va meglio con la psicomotricità neurologica privata che mi sono trovata da sola, capendo da sola che ne aveva bisogno. Per la fisioterapia del palato che dovrebbe fare, nel nostro territorio c’è solo una logopedista a Livorno. La riabilitazione post operatoria al palato è durata due settimane allo Stella Maris, cioè niente! Quindi la logopedista privata ha insegnato a me”.
Anche per quanto riguarda gli ausili, la situazione è diversa a seconda della disponibilità delle varie Asl.
“A noi per la scoliosi dorso lombare (38°) la fisiatra ha sconsigliato il busto per l’ipotono, l’ortopedico invece lo ha consigliato, la neuropsichiatra si è rimessa ad entrambi. Al momento Lele
non ha il busto – spiega Mamma Chiara – però si vede che va peggiorando e a metà ottobre torneremo al Meyer per il controllo. Intanto ho acquistato due sedute a 350 euro l’una, per casa e scuola, per contenere il dolore, e due cuscini in memory foam per il tratto lombare. Nessun seggiolino auto sembra, secondo la Asl, essere indicato in caso di scoliosi precoce. Non credo sia vero. Ma le ortopedie della zona non hanno seggiolini da darmi in prova.
La nostra Asl per gli ausili è estremamente tirata”.
“Leo è seguito dalla stessa fisioterapista fin dalla nascita – spiega Mamma Sara da Biella -. Avevamo iniziato con un’ora a settimana, adesso facciamo un’ora ogni due, ma volta per volta viene valutato se aumentare o no, a seconda di come sta Leo (affetto da leucodistrofia di Krabbe). La fisiatra viene a casa a visitarlo ogni 4/5 mesi insieme alla fisioterapista, e decidono come intervenire, con ausili o altro. Gli ausili sono sempre molto celeri, dalla sdraietta per il bagno alla seduta, al cuscino per aiutarlo a stare coricato dritto. Per noi la fisioterapista dell’Asl è la figura più importante, forse perché è quella che ci vede di più e ci conosce meglio. Ci troviamo bene con lei, è un angelo. Abbiamo chiesto di aumentare le ore, anche a pagamento, ma purtroppo lei non può. Si sono offerti però di cercarmi una persona adeguata che formano loro”.
“Noi i tutori non li abbiamo messi – spiega Mamma Caterina – perché a causa dell’aspetto neurologico che si traduce in opistotono, la bimba potrebbe addirittura ferirsi. Piuttosto ci siamo attrezzati con una tutina che si chiama Flexa, utile per contenere la scoliosi, per quanto possibile, senza essere troppo invasiva. Il sistema posturale che l’Asl ci ha fornito è stato fatto su calco del corpo di Sofia, per tentare di farla stare comoda e accettarlo in qualche modo, visto che la bambina preferisce di gran lunga le braccia di babbo e mamma. Ma questo purtroppo non è indicato per la schiena”.
In questa foto Sofia indossa la sua tutina Flexa e siede miracolosamente sul suo sistema posturale.
“Per gli ausili sono stati abbastanza celeri da noi – dice Mamma Mina – Sia la sdraietta per il bagno che passeggino posturale e letto, ci sono stati proposti da subito”.
“Per quanto riguarda gli ausili siamo ancora in alto mare – dice Mamma Claudia – Finora ci hanno prescritto solo un seggiolone che per Emanuel equivale ad una sedia elettrica, (un seggiolone dove dovrebbe mangiare ma che se non fosse per i 2000 cuscini che gli metto avrebbe la postura di una sedia da tortura medievale); e un passeggino per il quale non ci lamentiamo, ma che dal punto di vista posturale non è adatto a lui. Ora stiamo seguendo i consigli scaturiti dal progetto Voa Voa da Noi, ci siamo rivolti alla dottoressa che ci è stata indicata e stiamo aspettando il 3 ottobre, giorno in cui effettuerà un Day Hospital completo al Bambin Gesù, con tanto di lastre, mai fatte prima, per valutare la misura dei nuovi ausili”.
Per i bambini Speciali, spesso orfani di una diagnosi specifica e di terapie farmacologiche accessibili, le manipolazioni e gli esercizi si trasformano in uno scambio, e la figura del fisioterapista è imprescindibile. Ma molto spesso, dove il pubblico non soddisfa le esigenze dei bambini, le famiglie sono costrette a dei veri e propri calvari, e a spendere privatamente molti soldi, pur di alleviare la sofferenza dei propri piccoli e assicurare loro la migliore qualità di vita possibile.
“La nostra faticosa esperienza ci ha portato alla fine a costruire un’equipe fortissima formata da pubblico e privato – spiega Mamma Francesca di Borgosesia, provincia di Vercelli-. Inizialmente la Asl ci concesse per Anastasia (patologia ignota) una seduta settimanale di fisio, respiratoria o motoria, ma non vi racconto quante battaglie ho fatto. Ho chiesto udienza addirittura in Regione, visto che i vari direttori sanitari non sono stati per niente utili. Risultato: ho scoperto che la regione Piemonte poteva concedere nei pazienti Adi fino a 3 sedute settimanali, più la neuropsicomotricità e la logopedia. Da qui abbiamo praticamente ottenuto il massimo possibile, e così Anastasia fa 2 sedute fisio Asl la settimana che sarebbero motorie, ma che ho ‘permutato’ in respiratorie perchè la persona in questione è un guru della materia, e il motorio lo integro privatamente, facendo in toto 4/5 sedute settimanali. Una seduta a settimana di neuropsicomotricità Asl e due le integro privatamente. Siamo stati poi rifiutati dai centri logopedici Asl della nostra provincia per via della ‘complessità del caso’, così abbiamo potuto cambiare Asl di riferimento e scelto Biella. Ma essendo a un’ora da casa, abbiamo preso una logo privata, e in più facciamo sedute con una sua collega che si occupa di comunicazione aumentativa spendendo 125euro a seduta. Ma ne è valsa la pena: la vediamo una volta al mese e ha impostato il codice di comunicazione di Anstasia, che con la mano ora risponde Sì/No, sceglie dalle immagini tutto quello che le viene proposto, e ha iniziato da poco la comprensione dei verbi in immagini. Il costo settimanale è notevole, però finché ci riusciamo, cercheremo di mantenerlo. Abbiamo anche comprato una vasca per fare la fisioterapia in acqua, così la sua terapista motoria gliela fa direttamente a casa, e lei l’adora!”.
Da tutte queste testimonianze che le mamme hanno affidato a Finestra su casa Voa Voa!, emerge un quadro allarmante, sia per quanto riguarda la disomogeneità dell’offerta fisioterapica da parte delle varie Asl del territorio, che la qualità, e quantità in termini di ore, del servizio.
L’auspicio è che si arrivi a breve, a prendere realmente in carico le richieste delle famiglie, armonizzandole dal punto di vista valutativo, diagnostico e in termini esecutivi. Predisponendo un intervento terapeutico pubblico autenticamente efficace ed efficiente, per questi bambini spesso ‘orfani’ nel mondo dell’assistenza sanitaria.
Grazie a tutti per l’attenzione!
La Redazione di “Finestra su Casa Voa Voa” ringrazia le Mamme e i Papà, membri della chat, per la preziosa collaborazione.
Barbara
Caterina
Guido
Maurizio
Voa Voa!